Cominciai a sentire l’odore dei croissant fin dall’inizio della via. A Parigi anche le strade sembravano avere nomi chic: Place Vendôme, Rue Mademoiselle, Boulevard de Clichy. Attraversai il mercato del Quartier Latin tra i banchetti affollati, i turisti con i cellulari in mano e i francesi senza basco in testa. Nelle bancarelle vendevano ostriche, mica semplici vongole. La frutta esotica era lucida e i frutti di bosco sembravano pietre preziose incastonate nelle cassette di legno.
I colori dei fiori, raccolti in eleganti composizioni, mi esplodevano davanti agli occhi. Decisi di sedermi a un café, in uno di quei mille tavolini all’aperto. Mi sembrava di essere in un film francese, dove le attrici fumano e recitano battute sofisticate con quell’aria sempre imbronciata. Il caffè però non era un caffè italiano… Noi italiani all’estero a certe cose ci facciamo caso, è inevitabile, in qualsiasi parte del mondo finiamo, il caffè è sempre un termine di paragone. Ed il nostro è quasi sempre il migliore.
Da lontano mi parve di udire una melodia… come di un carillon antico, che ci stava benissimo lì in Francia, in quel momento, solo che era bizzarro il fatto che non ci fosse nessun musicista nelle vicinanze. E il suono cominciava a farsi sempre più insistente, il volume sempre più fastidioso… Aprii gli occhi per colpa della sveglia, in mano stringevo la pallina di vetro comprata a Parigi, di quelle che se le agiti un po’ fai nevicare sulla Tour Eiffel anche a Ferragosto.
Era il quindicesimo giorno di Quarantena ed io ero finita a passeggiare a Parigi, nei miei sogni. I telegiornali però anche quella mattina rimandavano solo immagini di città deserte, di vie vuote in luoghi di solito affollati come Roma, Venezia, Napoli… Allo stomaco mi affliggeva una sensazione di malinconia, mentre la moka era sul fuoco. Noi italiani siamo nati e cresciuti tra la bellezza e siamo abituati a inciamparci tutti i giorni, senza nemmeno accorgersene.
E adesso ci manca. Anche se magari un mese fa non ci facevamo caso, ma camminavamo distrattamente su strade romane o medioevali, frequentavamo palazzi del 1800 e passavamo davanti a chiese del 1200, con all’interno capolavori ammirati da tutto il mondo. Ora tutto è immobile e sospeso. Solo la natura non si è arrestata. I glicini iniziano ad arrampicarsi sui muri, le margherite bianche innondano i prati, gli alberi si riempiono di foglie color verde smeraldo, gli animali girano indisturbati sui colli e in montagna, “il cielo è sempre più blu”, i fiumi scorrono più limpidi e perfino l’aria sembra migliore.
La Terra respira, sembra quasi girare più lentamente, con meno affanno… e a noi non resta che ammirare dai balconi la primavera sbocciare. E se ci ferma un secondo a riflettere, almeno questo, non è poi così male.
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