lunedì 4 novembre 2024

La tradizione delle palle di vetro

In fondo a una valle, circondata da imponenti e cupe montagne, adagiato sulle sponde di un lago le cui acque se non erano nascoste dalla nebbia parevano nere per quanto erano fosche, si ergeva un paesino che nessuna mappa recente indicava. Chi se ne era andato a vivere altrove non ne parlava volentieri, a malapena ne pronunciava il nome e di certo non ne rivelava la posizione. Chi aveva scelto di andarsene aveva definito quel paese -un luogo fuori dalla grazia di Dio, dimenticato dalla Madonna e da tutti i Santi-.

Si contavano poche case e una chiesetta costruita con delle grosse pietre grigie, proprio sotto al pino secolare che si piegava stanco su di essa quasi a volerla proteggere. Una costruzione austera e semplice, ma in grado di resistere alle piogge, alla nebbia e a una tradizione macabra che affliggeva quel posto.

Ogni giorno qualche paesano accendeva una candela all'interno della chiesetta per cercare un po' di consolazione davanti a quella fiammella tremolante. Certe questioni non trovavano spiegazioni razionali, era meglio non farsi troppe domande. Potevano solo pregare affinché tutto finisse, prima o poi. 

Un giorno di molti, molti, decenni prima una donna mai vista fino ad allora comprò l'abitazione adiacente alla chiesa. La piccola casa disabitata affianco alla chiesa, la vecchia canonica.

Di rado la si incontrava in paese, la signora restava in casa, nel suo laboratorio, a creare, su commissione, palle di vetro con la neve dentro; il lavoro non le mancava mai. La gente arrivava anche dai paesi vicini per chiedere la realizzazione di una palla di vetro. Un segreto che si tramandava e che conoscevano in molti, ma del quale nessuno parlava alla luce del sole. Un'usanza che veniva tramandata a voce come in un bisbiglio, come se fosse solo una macabra tradizione.

Ogni palla di vetro era diversa da tutte le altre, era perfetta e curata in ogni dettaglio.              La donna indossava un lungo abito bianco, ingiallito nel tempo, con un colletto di pizzo ricamato. Lo stesso ricamo era ripreso anche in fondo all'abito. Una lunga treccia canuta le circondava la testa, come un cerchietto. Qualche fiore bianco le spuntava tra i capelli intrecciati. Il viso sembrava truccato con una cipria chiarissima, la pelle pareva carta velina per quanto fosse sottile. Indossava un ciondolo al collo, di quelli che all'interno celano una foto, e in tasca conservava un antico libricino di pelle scura. Ne usciva giusto un angolo dalla tasca del vestito, tutti lo notavano quand'era seduta tra i banchi della chiesa. Tutti riconoscevano quel libretto. Quegli sguardi colmi di sofferenza e di timore la trapassavano come una spada.

In quel libricino, si raccontava, vi erano annotati il nome di tutti i commissionari e dei relativi defunti, di cui era segnata anche la data di nascita e la data di morte.

Quando il prete si trovava la signora in chiesa stringeva forte il crocifisso che aveva al collo. Su quella donna se ne dicevano tante, i racconti che si tramandavano ormai li conosceva bene. Non era l'aspetto la sola cosa che inquietava il prete: la donna costruiva quelle dannate palle di vetro; quella leggenda veniva perpetuata di generazione in generazione, di paese in paese. Cosa avrebbe potuto fare? Era solo un prete di provincia capitato in quel paese da poco più di un mese. Una volta alla settimana celebrava la messa nella chiesetta e si dedicava, suo malgrado, alle confessioni dei paesani.

Confessa i tuoi peccati e ti assolverò da ogni peccato, ma raccontami cosa succede in quella vecchia canonica. Cosa fa quella donna? Sono solo racconti o c'è qualcosa di vero? ” aveva chiesto alla vecchia maestra.

La maestra titubò, poi però iniziò a raccontare: "quando muore qualcuno i familiari si recano dalla signora per chiederle di costruire una palla di vetro con all'interno la statuina del defunto. Ormai le persone arrivano anche da lontano per questa, che ormai, è diventata una tradizione. Quando la persona cara muore ci si reca dalla donna con una ciocca di capelli e con una foto dalla quale lei copierà il soggetto. Dopodichè non si sa cosa succede, si deve uscire dopo che la signora ha annotato nel suo libricino nomi e date. Qualcuno l'ha osservata di nascosto, per quanto è riuscito: accende qualche candela, brucia i capelli, legge qualche formula dal libretto e poi... poi non si sa perché chiude gli scuri. Ma può essere certo che alla mattina successiva davanti alla porta di casa si trova una palla di vetro all'interno di una scatola di legno con le iniziali dorate del defunto"

Si dice che alcune di quelle palle di vetro siano inquietanti. Si dice che – e qui il prete si fece il segno della croce- all'interno ci siano intrappolate le anime”

La signora è davvero brava, è un'artista in quello che fa. Le palle di vetro sono così realistiche che possono suggestionare, questo è vero. Io sono solo una vecchia maestra in pensione, leggevo le fiabe ai bambini. Ma lo sa che in ogni favola c'è sempre un fondo di verità. Anch'io ho la mia palla di vetro, c'è mio marito dentro, se ne sta bello tranquillo a leggere il giornale sulla sedia a dondolo davanti al camino, non c'è niente di strano. Sembra vero, ha lo stesso sguardo assorto di quanto era in vita. A volte scuoto la palla per fargli nevicare addosso. Qualcuno ha raccontato però che qualche palla di vetro, non so come dire, sia cambiata dopo qualche ora. Non può fare altro che pregare per quelle anime ormai ”

Prete, entri in casa, svelto” gli disse un uomo sull'uscio della porta. “Le devo mostrare una cosa, so che va in giro a chiedere informazioni riguardo alla signora delle palle di vetro”

Sì è così, ho sentito certe storie che... si dice siano solo credenze, suggestioni, non so che pensare”

Guardi la mia palla di vetro” si diresse verso una vecchia credenza, prese una scatola di legno e sollevò il coperchio, sopra vi erano dipinte due iniziali dorate.

Il prete fece un passo indietro e si portò una mano alla bocca.

Mio figlio aveva sette anni quando ci ha lasciato. La foto che abbiamo dato alla signora lo raffigurava sopra a un cavallino di legno. Eccola qui. Le posso assicurare che quando abbiamo trovato la palla di vetro sulla porta era incantevole, così ben fatta, ogni dettaglio sembrava reale e perfetto. Ci siamo commossi, l'abbiamo messa sopra a quel mobile. La mattina seguente però... cosa abbiamo fatto, come abbiamo potuto fargli questo” disse l'uomo disperato, comprendosi il volto con le mani.

La palla di vetro non mostrava come nella foto il figlio a cavalcioni sul cavallo a dondolo, bensì un bambino che batteva i pugni sul vetro, con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati. "Mi dica lei, com'è possibile? Abbiamo chiesto spiegazioni alla signora, certo. Lei ha scosso la testa e ha pronunciato solo queste parole: a volte non si è pronti a lasciare questo mondo. A volte le anime sono scosse perché ritrovano la casa e l'amore alle quali sono state strappate. Quindi l'anima di mio figlio è intrappolata lì dentro? Mi dica prete, non andrà in Paradiso? L'abbiamo condannato a quell'inferno?”

Il prete non seppe che rispondere, niente aveva senso. "Avete avuto degli screzi con la signora? Potrebbe essere solo uno scherzo terrificante"

L'uomo scosse la testa “no, nessuno screzio, l'abbiamo pagata, l'abbiamo ringraziata... dice che lei realizza solo palle di vetro, ma che l'anima a volte non si dà pace”

Avete pensato a rompere la palla di vetro? Magari se l'anima è intrappolata...”

Vede prete" e a quel punto l'uomo abbassò lo sguardo "la signora ci aveva avvertiti quel giorno, non rompetela mai, o vostro figlio vagherà per sempre senza pace nel regno dei vivi".

Il prete bussò a un'altra porta, gli aprì una giovane donna. Era vestita di nero, lo sguardo era perso e impaurito al contempo.

Mi hanno detto che anche lei possiede una palla di vetro, sono qui per cercare di capire”

La giovane aprì un cassetto e portò sul tavolo la sua palla di vetro." Non la posso tenere fuori, mi fa troppo male"

Il prete fece un lungo sospiro e aspettò che la donna si confessasse “Mio marito in vita era un taglialegna, amava i suoi boschi, tagliava la legna per tutto il paese, era un omaccione buono, grande e grosso, con una bella barba scura, vede? Ci amavamo molto. Lo amo ancora. Ma non mi perdonerò mai per quello che gli ho fatto. È una tradizione del posto e io pensavo fosse morto in pace in mezzo ai suoi boschi". Gli passò la foto. Un bel ragazzotto sorridente stava in piedi accanto a un grande pino e ai suoi piedi si trovavano alcuni attrezzi di lavoro, una sega, una corda, un'accetta.          “Mi commossi alla mattina quando trovai la palla di vetro, non mi giudichi, può sembrare una tradizione macabra, ma il mio gesto era solo spinto dall'amore per lui. Durante la notte mi alzai perché non mi sentivo bene. Trovai questo..." Poi spinse la palla di vetro verso il prete. "Era appeso a un albero, si era impiccato per la disperazione di trovarsi intrappolato là dentro credo. Morto, non morto? Ha gli occhi aperti, sembra che mi seguano, e qualche volta la corda oscilla.

Il prete bussando di casa in casa raccolse altri racconti sulle palle di vetro: una casalinga si era tagliata le vene in cucina, mentre preparava un dolce, così da far divenire rossastro il liquido in cui era immersa; un signore dormiva tranquillo a letto, la foto in realtà lo ritraeva già da morto, la famiglia non ne possedeva altre. All'interno di un'altra palla di vetro due fratelli salivano sul tetto di una macchina allungando la testa verso la bolla d'aria in superficie, non raggiungendola mai.

Qualcuno se ne andava in pace, molti altri non riuscivano a staccarsi dai loro affetti; condannati dentro a una palla di vetro per sempre, per colpa di una macabra tradizione o per semplice egoismo: per non separarsene mai.

La signora delle palle di vetro si limitava a realizzarle e a consegnarle poco prima dell'alba per non avere contatti con i familiari. Non cercava di fargli cambiare idea, si limitava ad ascoltarli e ad assecondarli. Solo gli faceva giurare di non rompere mai la palla di vetro: in quel caso le povere anime avrebbero vagato in cerca di un conforto che non sarebbe mai arrivato.

Non poteva certo rivelare tutta la verità o condividere con loro la sua pena. A volte parlava con i defunti prima di sigillare per sempre la cupola, gli leggeva delle strofe da quel suo libretto, cercava di convincere le anime a liberarsi dal loro passato per cercare altrove una nuova pace. Qualche volta l'ascoltavano, molte altre restavano intrappolati in quel mondo in miniatura. Era solo un'artigiana, il suo era solo un lavoro. Perché la gente fosse così crudele da voler rinchiudere le anime degli amati lì dentro solo Dio lo poteva sapere.

Lei stessa era stata condannata a vivere in eterno; il marito colmo d'ira e disperazione aveva gettato a terra la palla di vetro che la raffigurava come una sposa il giorno del matrimonio. Da allora il suo destino, come quello di poche altre anime nascoste nel mondo, era stato segnato: sarebbe diventata una fabbricante di palle di vetro, la sua dannazione eterna.

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