Tac.
Tic,
Tac.
Non tutti lo percepivano il ticchettio proveniente dal vicolo nascosto in fondo alla piazza.
Un battito flebile, stanco,perpetuo, ma in quel paese fatto di case di pietra e viette strette, tutti conoscevano quel vecchio uomo solitario e scontroso che non usciva quasi mai dal suo laboratorio, lo chiamavano solo ‘l'orologiaio’, perché era quello il mestiere che faceva da tutta la vita e prima di lui il padre, il nonno, il bisnonno… da intere generazioni. Tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, la nebbia scendeva talmente fitta in quel vicolo lungo e stretto, da non lasciarne intravedere la fine.
Sembrava che la nebbia si concentrasse tutta lì, tanto da far ottenebrare i sensi di chi vi si addentrava. Entrava nelle ossa, raggiungeva i polmoni e penetrava fino al cuore. La mente si annebbiava e vacillava… e più ci si avvicinava alla piccola bottega più si iniziava a percepire quel flebile ticchettio che persuadeva e richiamava.
Tic,
Tac.
Tic,
Tac…
Il 31 ottobre il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti diventa più sottile e l'orologiaio lo sapeva bene. Aspettava con ansia e desiderio quella notte, bramava la mezzanotte come un bambino desidera i regali la mattina di Natale. L'amore della sua vita, l'unica donna che aveva amato, era morta lo stesso giorno del matrimonio, in modo improvviso, lasciando l'orologiaio solo al mondo, pieno di rabbia, impotenza e dolore. Uno strappo improvviso che non poteva e non voleva ricucire.
Non si rassegnò mai alla perdita dell'adorata moglie, una donna bellissima, di animo candido e generoso, sprofondando così in una agonia e in una solitudine senza tempo. Un dolore senza tempo, il tempo, le ore, i minuti con cui lavorava tutti i giorni…
Tutto quel tempo a disposizione eppure non poteva farci niente, non serviva a nulla spostare le lancette indietro e ancora indietro per farla tornare.
Ci aveva provato in ogni modo: aveva pregato, chiesto consolazione al prete, si era recato da ciarlatani che gli avevano promesso di evocarla dall'aldilà, aveva bestemmiato e rinnegato Dio. Comprò libri di magia bianca e poi di magia nera; ma non era servito a nulla. La moglie immortalata nel giorno delle nozze in una fotografia ormai sbiadita dagli anni passati lo fissava e lo condannava.
Successe che qualche anno più tardi, dopo aver letto e consultato altri cento libri e manuali sull'occulto trovò, in mezzo a una pila di volumi, un piccolo libricino con la copertina nera, ne spuntava solo un angolo. Il titolo: Torneranno le anime.
Lo lesse in una notte, ne imparò a memoria alcuni passaggi. Avrebbe rivisto la moglie.
Aleggiava una leggenda oscura attorno alla figura dell’orologiaio: si diceva che prestasse soldi e che in pegno chiedesse solo un orologio. Nessuno ne discuteva apertamente, ma al bar tra un'ombra di rosso e una grappa che bruciava l'anima, ci si chiedeva a chi sarebbe toccato quell'anno. Perché gli affari non andavano bene a nessuno in quel paese nascosto dalla nebbia, i pochi soldi si spendevano al bar.
Durante quei giorni nebbiosi, quando anche la speranza si perdeva per strada, capitava sempre che qualcuno si presentasse alla porta del laboratorio in cerca di denaro. E se non si presentava nessuno l'orologiaio girava per le vie e i bar dei paesi limitrofi a cercare qualche vittima.
Al tizio della libreria non andava troppo bene, aveva gli scaffali pieni di romanzi e di libri impolverati.
Finivano tutti al bar nel tardo pomeriggio e l'orologiaio lo sapeva bene.
Si avvicinò al libraio: ti offro cinquantamila euro per il tuo orologio. L'uomo rise: vecchio, si dice che tu sia un orologiaio bravissimo, ma a quanto pare si sbagliano, questo orologio non vale niente, l'ho preso in un mercatino per pochi euro.
Ma tu hai l'aria di uno che ha bisogno di cinquantamila euro
A dire il vero me ne servono settantamila… e qui al bar non mi fanno più credito. Sei uscito dal tuo nascondiglio con questa nebbia in cerca di orologi, vecchio?
L'orologiaio passò all'uomo una busta colma di banconote: dovrebbero bastare questi, no? Ti aspetto più tardi da me con settantamila, vieni stasera sul tardi, porta l'orologio.
Pareva che più uno fosse disperato, più sentisse quel dannato tic tac. Quel maledetto ticchettio rimbombava nelle orecchie del librario a ogni passo che muoveva verso quella bottega. Quella stessa sera si presentò alla porta del vecchio bussò lì dove tutti battevano il pugno, dove il legno ormai era consumato. L'uomo si sentì osservare dallo spioncino: Ho portato l'orologio, disse senza attendere una domanda.
Fuori la nebbia e l'oscurità si mischiavano tra loro.
L'orologiaio sospirò, abbassò le luci, accese qualche candela e chiuse gli scuri. Girò la chiave nella porta e lo fece entrare, un suono, che al libraio parve sinistro sinistro, accompagnò quel gesto...
Ora girati verso la porta e chiudi gli occhi- gli ordinò senza nemmeno salutarlo.
E così fece il libraio, ma perché la stanza era semibuia e le candele erano accese? cosa stava accadendo?
Il vecchio chiuse a chiave e se la mise in tasca.
Il fumo delle candele bruciava gli occhi del libraio… e sembrava che i suoi pensieri rallentassero, come il suo cuore. Girandosi verso la parete, con gli occhi serrati e i pugni chiusi, pensò di non essere mai stato tanto vicino alla morte. Eppure non riusciva a ribellarsi e a scappare da lì. Strinse di più gli occhi e deglutì paura. Cosa stava per succedere?
- È lo Stramonio liberato dalla candela, per quello ti senti così, piccole dosi, non ti preoccupare -
L'orologiaio spostò un piccolo quadro, era la fotografia in bianco e nero della moglie, con i capelli raccolti e l'abito nuziale, gli sorrideva timida. Così gli sembrava.
Dall'interno della cassaforte prese il libretto nero e un mucchio di soldi che posò sopra al banco di lavoro.
Il libraio si trovò di fronte sette mazzette di banconote, i suoi incubi sarebbero finiti pensò.
- In cambio di questo denaro, chiedo il tuo orologio e qualche giorno della tua vita, sennò non se ne fa niente-
Il libraio non capiva, qualche ora per aiutarlo nelle commissioni? Quel vecchio bastardo era pieno di soldi forse avrebbe potuto rubare i soldi e spingerlo a terra. Ma si sentiva così stanco e stordito…
Il libraio posò le mani sopra alle banconote ma il vecchio gli afferrò i polsi con le sue dita nodose e fredde.
- Non così in fretta, prima dobbiamo definire quanti giorni mi darai - .
L'orologiaio consultò il libricino, annotò qualche numero, scrisse qualcosa su un foglio ingiallito quindi sentenziò: settantamila fanno dieci anni. È un buon affare, siamo al 31 ottobre, siamo agli sgoccioli.
- Agli sgoccioli per cosa? Dieci anni? Devi essere impazzito - gli rispose tentando di sganciarsi dalla presa gelida. La testa gli girava, credette di essere sul punto di svenire.
- Dieci anni non sono che un sospiro, sono appena un sorriso, poco più di uno sguardo- gridò stringendo ancora più forte le mani al libraio.
-L'uomo le ritrasse, sei solo un vecchio pazzo voglio andarmene da qui-
L'orologiaio sfilò dal polso l'orologio e con un piccolo ago punse il dito dell'uomo ormai privo di sensi.
Aprì la cassa dell'orologio e girò una minuscola ruota per dieci volte, poi lasciò cadere una goccia di sangue tra gli ingranaggi. Chiuse l'orologio, girò la corona per sistemare le lancette e ascoltò il ticchettio.
L'aria si congelò nello stesso istante in cui l'orologio ripartì, il libraio sentì il cuore stringersi e la gola chiudersi… dovette aggrapparsi al bancone dell'orologiaio per non cadere a terra.
- Cosa mi hai fatto maledetto?-
- Abbiamo fatto un accordo, i soldi in cambio di dieci anni anni della tua vita. Siamo contenti entrambi, no?-
L'orologiaio richiuse il libretto e l’orologio nella cassaforte. Il quadro con la foto della moglie la celava perfettamente.
Tic tac, Tic, Tac.
- Lo senti lo scorrere della tua vita? -
L'uomo si accasciò per terra, con gli occhi sbarrati e i soldi tra le mani.
Lo sentiva, sentiva quel dannato ticchettio battergli dentro alla testa.
- Ti restituisco i soldi, ma fa smettere questo rumore infernale, ridammi i miei anni -
- Fuori di qui, è tardi ormai-
Lo cacciò fuori e la nebbia inghiottì il libraio.
Era quella la notte in cui l'orologiaio riusciva a barattare qualche anno di vita mortale con qualche attimo di vita di quell'altro mondo per rivedere la sua adorata moglie. Anche quell'anno era riuscito a racimolare qualche istante per poter stare con lei. Le istruzioni del libretto nero ormai le conosceva a memoria: doveva bruciare sulla fiamma della candela, che emanava essenza di artemisia, un pezzo di velo nuziale della moglie, ormai ne era rimasto ben poco. Il velo bruciò in un istante il fumo delle candele si intrecciò con esso e con l'essenza dei dieci anni rubati che furono liberati aprendo l'orologio. Mancavano pochi minuti a mezzanotte ormai.
Un anno valeva pochi secondi, ma anche un istante avrebbe placato la sofferenza di quel vecchio.
Come se prendesse vita dalla foto, la sposa si manifestò di fronte a lui e gli sorrise.
Ma non la poteva toccare, né lei poteva parlare.
- Ho comprato dieci anni quest'anno, per vederci un poco di più-
La sposa sorrise ancora, dolcemente.
L'orologiaio cercò di accarezzarle il volto, ma sfiorò l'aria e l'immagine della donna sembrò rarefarsi
- Ho un po’ di acciacchi, ma tutto sommato va bene, solo che mi manchi, mi manchi sempre, ogni giorno, resta con me, portami con te-
La sposa si portò le mani al cuore.
- Vorrei raggiungerti lì dove sei, ma se poi non ti trovo…-
La sposa sorrise ancora.
- Non ho più molti soldi, non so quanto potrò andare avanti, quello di oggi era disperato e mi è andata bene-
La moglie scosse la testa, sembrava mostrasse un'espressione di dolore e questo lacerò il cuore dell'orologiaio.
- Perché non approvi? Non ti lascio andare. Non puoi lasciarmi. Non possiamo dimenticarci -
Poi la sposa iniziò a svanire, il vecchio tentò di abbracciarla, ma si ritrovò tra le mani solo il fumo della candele. Cercò gli occhi di lei un ultimo istante.
Tic, Tac
Tic, Tac.
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