mercoledì 25 marzo 2020

Anteprima Erbe Matte



La gente è il più grande spettacolo del mondo
E non si paga il biglietto.

Charles Bukowski



Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, soprannomi, personaggi, luoghi
e avvenimenti sono frutto dell'immaginazione dell'autrice e vengono usati
in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, fatti o luoghi è
assolutamente casuale.

Diritti Riservati.


                                                  

                                                            *
Il   Direttore   del   Circo   Lumen   si   sistemò   il   cilindro   nero   sulla   testa, recuperò il microfono dalla tasca  e si  schiarì  la voce. Squadrò  senza entusiasmo   lo   sparuto   gruppetto   di   spettatori   che   gli   sedeva   davanti, avrebbe potuto contarli, suddividerli per genere maschile, femminile e magari ricordarsi anche i nomi di battesimo di ognuno di loro.
A quel punto non restava che recitare, senza troppa enfasi, il saluto finale: Il Circo Lumen ringrazia tutti i gentili spettatori, buonanotte e a presto.
«Dio bon» brontolò poi tra sé e dopo lo scoppio di un petardo scaduto partì una gracchiante marcetta dagli altoparlanti. Il Direttore attraversò la nube artificiale ormai rarefatta e scomparve senza premura, e senza dannarsi, dietro al sipario mandando a ramengo l'ambita sincronia scoppio-fumo. Il trucco non era riuscito alla perfezione, ma nessuno se ne preoccupò, né i  circensi, né le trentadue  persone del pubblico pagante. 
Faceva freddo a stare seduti sulle panche per un'ora e mezza, i nasi erano gelidi e le mani restavano infilate nelle tasche. Se ne volevano andare a casa tutti, nonostante le acrobazie, nonostante i lustrini, ma non sarebbe terminata lì la serata per la maggior parte il pubblico: i bambini desideravano incontrare gli Straordinari Animali Magici. Quasi il fiore all'occhiello del Circo.
Gli Straordinari Animali Magici del Circo Lumen erano più bizzarri che fatati, facevano più sorridere che strabiliare, in perfetta sintonia con il Circo, più
decadente che prodigioso.

Il cavallo bianco della Regina del Ghiaccio aveva la criniera spruzzata di argento e un elastico legato alla base coda dal quale scendevano pendagli misti e cristalli di plastica colorata; il Cane Leonino, un grosso e vecchio pastore maremmano aveva la coda spruzzata di marrone e al collo portava una vecchia pelliccetta sintetica che fungeva da criniera. La tartaruga più vecchia del mondo, con tanto di certificato affisso al piccolo recinto, aveva 99 anni e chissà da quanto; il lupo mannaro, un cane lupo cecoslovacco, che a tutti gli effetti sembrava un lupo cattivo. I bambini ne rimanevano affascinati e in effetti portava un po' di credibilità a quel marasma di animali stravaganti. Di notte e con la luna piena, secondo la leggenda, si sarebbe trasformato in un grosso lupo mannaro. Il gatto Sphynx, il gatto senza pelo, era stata una vera botta di fortuna per i circensi, nel senso che dava un tocco esotico e quasi esoterico al piccolo zoo. L'avevano scovato nascosto sotto a una roulotte, nessuno della zona era andato a cercarlo o aveva denunciato la scomparsa, così da quel giorno il gatto pelato partì in tour con il Circo. Divenne per tutti il Gatto del Faraone. La Cocorita era magica perché parlava, ma non sempre, solo quando ne aveva voglia o le scattava qualcosa in testa. Il teoria quando, raramente, rispondeva al saluto e gracchiava   un   "ciao"   il   bambino   di   turno   vinceva   qualcosa,  un leccalecca, uno zucchero filato o un altro biglietto per il Circo Lumen, ma visti i tempi magri era meglio se restava col becco chiuso. L'anatra dalle 7 uova   d'oro   faceva   numero,   i   circensi   dovevano   solo   stare   attenti   a maneggiare le uova quando le coloravano con lo spray, perché poi allanotte, finito lo spettacolo, se le mangiavano sode.
Infine, tra gli Straordinari Animali Magici, dava mostra di sé anche un cinghiale; i Colli Euganei ne abbondavano, erano addirittura una minaccia per le coltivazioni e le vigne. La sua vera magia, forse l'unica,  era di trasformarsi in ragù, in salami e in salsicce. Ne ricompariva sempre uno nuovo, molto simile al precedente. Sul cartello legato alla gabbia con lo spago per i salami si raccontava che fosse un orco tramutato in cinghiale per un maleficio. E che nelle notti di plenilunio... Puntini puntini, nessuno si era mai preso la briga di inventare il finale di quella   storiella,   "abbastanza   scontato  da   non   doverlo   specificare"   si giustificavano i circensi.

Bianca, con i capelli scuri spruzzati di brillantini e il trucco argentato, osservava ogni cosa dalla sua postazione. Era la cartomante, la sensitiva del Circo. Prima lo era stata la madre e lei di conseguenza, per genetica, per diritto ereditario. La mamma non c'era più: era scappata per amore con un metalmeccanico che possedeva la casa, il mutuo e il lavoro fisso. Fu così che a sedici anni Bianca prese il suo posto e diventò la cartomante del Circo Lumen, senza esserne troppo convinta.
Non si sentiva per nulla sensitiva dentro, ma non sembrava esserci altra soluzione:   tutti   al   Circo   dovevano   lavorare,   ognuno   aveva   il   proprio compito e anche di più.
Il Circo Lumen era un circo modesto, di dimensioni ridotte. La formazione del Circo era molto essenziale: il Direttore del Circo, la
donna con i capelli più lunghi del mondo, o almeno rispetto alla maggior
parte delle donne, la sensitiva, i clown, gli acrobati, i giocolieri e gli
Straordinari Animali Magici. Gli attori erano sempre gli stessi, più o meno intercambiabili e tutti sapevano fare quasi tutto: il Direttore e la moglie Ester, i tre figli maschi con le rispettive consorti e qualche figlio. I figli del Direttore si chiamavano Primo, Ultimo e Terzo. L'unica figlia femmina, la madre di Bianca, era scappata. 
Con i circensi, da almeno una quindicina d'anni, viveva anche Paulo, un tuttofare argentino senza famiglia, fuggito da una città della provincia di Buenos Aires durante gli anni settanta, quando avvenivano troppe drammatiche sparizioni. Decise di sparire da solo, prima che fosse troppo tardi. Si presentò al Direttore del Circo con la faccia graffiata, con la barba lunga, con gli occhi nocciola stremati e con uno zaino color giallo canarino sulle spalle. Sfinito, ma con le spalle dritte, dignità e deferenza d'altri tempi.   C'era   qualcosa   nello   sguardo di  quell'argentino che colpì   il
Direttore: sembrava un ragazzo onesto, nonostante l'apparenza disastrata.
Il colloquio conoscitivo fu breve ed essenziale: «L'importante è che non ti droghi e che non ti ubriachi, perché devo potermi fidare di chi sistema i tiraggi e stringe le viti. Capisci?»
«Sí» rispose Paulo.
«Se sì nella tua lingua significa sì, siamo a posto. Perché sei venuto in Italia?»
«Es una larga historia» rispose senza battere ciglio.
«Adesso non ho tempo di ascoltarla. Sei pronto a lavorare duro?»
«Sì» rispose determinato. I due uomini si strinsero la mano con vigore.
Una stretta decisa e sincera che al Direttore bastò come garanzia. Inoltre Paulo aveva il collo taurino e le mani possenti, sarebbe stato un gran lavoratore, raramente il Direttore si sbagliava.
Un uomo duro, tutto d'un pezzo, fu quello che riferì il Direttore ai suoi figli quando gli presentò Paulo. L'argentino aggiustava quello che si rompeva con estrema  precisione e dedizione, lavorava sodo e pareva non stancarsi mai. 
Di solito finito lo spettacolo suonava la fisarmonica seduto vicino alla Cocorita parlante, con le gambe incrociate e lo sguardo basso, forse smarrito. Ne aveva viste tante
al suo paese e subite troppe. Si percepiva dalle melodie. Una sera si era sistemato vicino alla Cocorita, senza chiedere il permesso, ma nessuno parve protestare
Suonava   pezzi   argentini   malinconici,   nostalgici,   passionali. Non che fossero proprio in tema con l'ambiente circense, ma tutto sommato era una risorsa. La Cocorita ogni tanto accompagnava il ragazzo con versi striduli, ma abbastanza a tempo. Col tempo impararono a perfezionare la sincronia.
Qualche giorno dopo il Direttore del Circo spiegò all'argentino che sarebbe stato il caso di suonare musiche più allegre in pubblico: Dio bon, metti la depressione   al   pubblico. Quando   sei   da   solo  suona anche la marcia funebre, per quanto mi riguarda.
Era   giovane   l'argentino,   aveva   solo   dieci   anni   in   più   di   Bianca, ma sembrava aver vissuto almeno tre vite, di quelle complicate, di quelle che lasciano il segno e che non lasciano scampo. Ben presto Paulo imparò a fidarsi dei circensi e come tutti si affezionò molto a Bianca. Da lontano
controllava che non le accadesse nulla, ma lo faceva con assoluto rispetto della sua nuova famiglia.

Il Circo Lumen era una realtà ormai fuori moda, del resto non aveva nemmeno   mai   attraversato   una   vera   e   propria   fase   di   successo   e   di splendore. Vivere quelle vite fuori dall'ordinario, però era una dolce libertà a cui nessuno di loro avrebbero mai potuto rinunciare. Quella del Circo era
la sola vita che conoscevano e nonostante tutto, la fatica che spezzava la schiena, il freddo che tagliava le mani, il caldo che toglieva il fiato, gli spostamenti continui e la precarietà dei tempi moderni, i circensi non si abbattevano mai, o per lo meno non ci badavano troppo.



                                                                *

Dopo lo spettacolo, come ogni sera, Bianca se ne stava seduta un poco distratta al tavolo di plastica bianca con la testa appoggiata sul palmo della mano ad attendere che qualcuno volesse farsi fare un giro di carte, leggere la mano o consultare i cristalli per dieci o venti euro. Ci azzeccava quasi sempre: bastava assumere un'espressione sibillina, ascoltare con attenzione le storie che le raccontavano e rispondere   agli   interlocutori ciò che desideravano sentirsi dire. Così le aveva insegnato la nonna dai capelli lunghi dopo che la madre se n'era andata col metalmeccanico: ascolta le persone e dagli speranza, se ne andranno più leggeri, contenti e magari torneranno a farsi fare un altro giro di tarocchi.
Il fumo dell'incenso vorticava ribelle e indecifrabile verso il cielo carico di nuvole, mentre Bianca era imbambolata a fissare il Limone Giallo poco lontano, dimenticandosi di lanciare occhiate enigmatiche e seducenti ai clienti in debito col destino.
«Hai dei capelli bellissimi, hanno le stelline» le dicevano ammirate le bambine incuriosite dal suo aspetto: «ma sei veramente una maga?»
«Sì,   lo   sono   davvero»   mentiva,   bloccando   con   la   mano   i   virtuosismi dell'incenso che saliva al cielo. Peccato che non riesca a vedere il mio di futuro, rimuginava tra sé.
No, nel suo futuro non riusciva a intravvederci niente e raccontare a se stessa vane speranze non l'avrebbe aiutata di certo.
«Lo vuoi un sacchettino con le pietre magiche? Oppure una collanina con una lacrima cristallizzata di fata? Cinque euro, grazie». Con o senza magia di solito però, riusciva a vendere buona parte della mercanzia magica. 
Era molto carina Bianca, possedeva un fascino particolare, la vera magia che attraeva le persone.
«Troverò l'amore?» le chiese una signora accomodandosi sulla seduta di
plastica di fronte alla cartomante.
«Certo, lo sento. Tarocchi, cristalli, mano o incenso?» ripeté come un
mantra.
«Cristalli» rispose la signora, dopo qualche indecisione di tipo mistico. Bianca raccolse tra le mani i cristalli colorati, avvicinò il naso ai pugni, inspirò l'energia sprigionata, chiuse gli occhi e lasciò cadere le pietruzze sul tavolino.
«Sì, incontrerà una persona. Però si lasci andare, sia meno timida, sia più aperta alle conoscenze, forse c'è già qualcuno là fuori per lei. La visione è un po' annebbiata»
«Ha una divisa?»
Per esperienza se le chiedevano un particolare preciso, era solo per avere un minimo di riscontro positivo.
«Credo   di   sì,   potrebbe   essere   una   divisa   quello   che   i   cristalli   ci suggeriscono». Bianca catturò il fumo dell'incenso per riportare la signora alla realtà e le sorrise.
«Sono quindici euro, vero?»
«Sì, grazie, le auguro tanta fortuna per il suo amore».
Era gentile con tutti, senza nemmeno doversi sforzarsi troppo.

Per quel motivo molte donne tornavano da lei con regolarità, spesso senza grandi novità, a volte con un anello di fidanzamento al dito. Bianca non se ne faceva una colpa, né se ne assumeva il merito, era solo un poco curiosa riguardo alle svolte delle vite degli altri, visto che la sua sembrava rigare dritta senza sorprese particolari. Non credeva davvero alla magia e a tutto quello che le ruotava intorno: carte, cristalli, pozioni o infusi, non si sentiva speciale e non aveva mai pensato di possedere poteri particolari, semplicemente le era stato affidato in eredità il ruolo di sensitiva del Circo.

A dieci anni le capitò il primo episodio criptico e spaventoso per una bambina tanto piccola: sognò che il papà le baciava la fronte e le sorrideva senza dire niente. Era lui, ma con i contorni del viso sfocati. Quando la bambina aprì gli occhi sentì un insolito vociare tra le carovane. Cercò di capirci qualcosa sbirciando dalla finestrella: vide i circensi in cerchio con i
volti tirati e sua madre che piangeva disperata. Le raccontarono che quella disgraziata notte il padre aveva perduto la presa mentre si esercitava in un'acrobazia senza rete sotto. La madre, la maga del Circo, non l'aveva previsto. Qualche anno dopo fuggì con il famigerato metalmeccanico.
Quindi, concluse Bianca, o la magia e le previsioni non esistevano o non servivano a nulla, né contro il destino, né contro la sfiga. 

Una mattina di primavera, Bianca, a ventisei anni suonati, tornando dalla passeggiata sull'argine che profumava di fiori, attraversò come sempre i recinti e le gabbie degli Straordinari Animali Magici. Teneva moltissimo ai suoi animali, erano unici al mondo, magari non da concorso, ma gli era
affezionata. Si accorse immediatamente che la leggendaria tartaruga quasi centenaria non oziava all'interno del recinto. Se, come ciclicamente accadeva, fosse scomparso il cinghiale avrebbe trovato i salami appesi e non si sarebbe sentita così turbata.
Si avviò con passo svelto verso la nonna, poco lontana da lì: «Ma 99 che fine ha fatto?».
99 era il nome della tartaruga, come gli anni dichiarati nel certificato.
«Come? Hai guardato bene? Dove vuoi che sia andata?»
«Che sia scappata?»

«Sei tu la maga, no? Non dovresti percepirlo?».
Bianca si voltò di scatto verso il Limone Giallo, la voce apparteneva a Mauro, indaffarato a pulire il suo trabiccolo a forma di agrume con le ruote. Un grosso limone giallo di plastica che si apriva a metà come una cozza. Il ragazzo vi si posizionava all'interno e vendeva birra, acqua e limonata preparata da lui. Spremeva tanti limoni, ci aggiungeva un bel po' di acqua e molti cucchiaini di zucchero.  La ricetta non prevedeva dosi rigorose o inalterabili, variava sempre un po', a volte la limonata tendeva al dolce, altre all'aspro. Se riusciva a passare al supermercato vendeva anche sacchetti di patatine semplici, non quelle al gusto rustico, nemmeno le palline al gusto di formaggio: le classiche patatine fritte in sacchetto.

«Aiutami a cercare 99 invece di dire le tue solite cavolate»
«Ok, cerchiamo sta tartaruga. Non penso sia chissà dove»
«Dove vuoi che vada una vecchia tartaruga legata a un paletto. Non penso
abbia saltato il recinto»
«Vedrai che la troviamo subito» le disse prendendola per mano.
Dopo   meno   di   un   secondo   la   ragazza   sentì   scottare   il   palmo.
 Era innamorata di Mauro da cinque anni, dal giorno in cui il ragazzo approdò al Circo Lumen con il suo grosso Limone Giallo. A  Mauro   piaceva,   ma   del   resto   a   chi   non   piaceva   Bianca?
Aveva la carnagione chiara, delle piccole lentiggini sul naso che parevano disegnate con un pennarello Carioca e i lunghi capelli scuri quasi sempre spruzzati di brillantini. Difficili da lavar via, era quella la verità. Gli occhi erano blu scuro, tendenti al colore della tempesta, ma solo quando arrivavano i nuvoloni e minacciava buriana sopra al Circo.
Si erano baciati dopo soli cinque giorni dal primo incontro durante la prima stagione del Limone Giallo al Circo Lumen: una passione bruciante, scoppiata al primo sguardo.
Il Circo però, come da copione, rimaneva solo qualche mese in città o nelle province vicine e Mauro non li avrebbe seguiti fuori dal Veneto, né per amore, né per affari.
Si sarebbero incontrati solamente l'anno successivo.
Tutte le notti a seguire, e per almeno un mese intero, Bianca piangeva sigillata dentro al suo camper anni Novanta, ma non pensò mai di chiedere aiuto alle stelle, di leggere i tarocchi o di tentare pozioni magiche per farlo restare vicino a lei. E poi non credeva nemmeno troppo agli intrugli che preparava la nonna: sarebbe stato l'amore a farlo tornare, o il destino. Per amore o per lavoro, gli anni successivi il ragazzo appariva sempre col suo Limone Giallo al cospetto del Circo Lumen. 
I   primi   giorni   si   studiavano,   si   stuzzicavano   e   dopo   tre   giorni   si chiudevano dentro al trabiccolo con le ruote, tra le patatine in sacchetto e le bottiglie di birra. 
Tutti i circensi ne erano a conoscenza. L'epilogo però, rimaneva sempre il medesimo: ogni benedetta stagione il Circo partiva, lui non lo seguiva e lei si stracciava il cuore dentro al suo camper anni
Novanta.


                                                              *

Quando il Circo Lumen tornava in Veneto con la sua carovana, Mauro faceva capolino con il suo Limone Giallo. Come di consueto si piazzava tra il cinghiale orco e il vecchio cane leonino con la pelliccetta sintetica allacciata al collo. Ogni tanto gli allungava una patatina e gli versava nella ciotola dell'acqua o della limonata artigianale. Il cane leonino pareva apprezzare la limonata
quando   non   gli   riusciva   troppo   dolce.  Si   facevano   compagnia   e
sopportavano le bizze e i grugniti del cinghiale orco. Il primo anno si era presentato al padrone del Circo Lumen chiedendo il permesso di sostare lì durante gli spettacoli e di vendere qualche bibita, in
cambio li avrebbe aiutati con la manutenzione, non si sarebbe mai tirato indietro.
«Non c'è problema» gli rispose il nonno di Bianca «vieni pure con il tuo trabiccolo,   vendi   le   tue   birre,   ma   non   vendere   la   droga.   Non   voglio problemi o la Polizia qui. Vendi droga? Non voglio droga nel mio Circo, di nessun tipo, chiaro?» lo squadrò.
«Niente droga» aveva dato la sua parola Mauro, portandosi la mano destra sul petto.
«Niente droga e niente armi» gli puntò il dito contro.
«Neanche armi, ma non sono Pablo Escobar, eh».
Il fatto che un grosso limone di plastica con le ruote potesse fungere da spaccio di armi e droga era un'ipotesi talmente surreale che magari avrebbe perfino potuto funzionare come business.
«Ho già  qualche fucile nella mia  roulotte, per  difesa  personale  e per cacciare i cinghiali sui colli»
«Posso venire qualche volta?»
«Sì. Prima cosa però: non affezionarti al cinghiale, presto lo sostituiremo con un altro e questo qui diventerà ragù»
«Non c'è problema Direttore. Mi piacciono il ragù, le salsicce, i salami, e poi morto un cinghiale se ne fa un altro» sdrammatizzò, ma il Direttore non badò alla battuta o non volle perdere tempo a rispondergli.
«Un'ultima cosa, non vendere nemmeno lo zucchero filato. Se la macchina gira e non si inceppa ci pensa la moglie di mio figlio a venderlo»
«Niente droga, armi e zucchero filato, promesso. Grazie Direttore»
«E popcorn»
«E popcorn, certo. Volevo anche dirle che tecnicamente non ho ancora la licenza per il Limone. E non so se in futuro ce l'avrò, per essere chiari e onesti».
Il padrone del Circo gli sorrise strizzandogli l'occhio, solo a quel punto gli strinse la mano: «E quell'anatra non fa davvero le uova d'oro, ma basta non dirlo a nessuno. Se ci sono problemi vieni da me».
Mi   piace   la   magia   del   Circo,   pensò   Mauro   soddisfatto   ammirando   il tendone a strisce bianche e rosse del Circo Lumen. 



Continua....



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